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Gioco uno

Approfondimenti

Il sito della gualchiera di Pievebovigliana è unico nel suo genere. Gli scavi eseguiti mostrano dove si svolgevano le attività lavorative, i canali delle acque e quelli di scolo, alcuni dei quali interrati in cunicoli con volta a pietra di rara bellezza. Il sistema idraulico del sito è particolarmente sofisticato per l'epoca, con vasche utilizzate per la tintura dei tessuti, camini dove si bruciava la legna per ottenere la cenere (utilizzata per avere dei panni lindi e bianchi) e la ruota idraulica che muoveva il maglio.

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Gioco due

Approfondimenti

La follatura è il procedimento mediante il quale i magli, possenti martelli di legno, battono il panno pregno d'acqua calda, al fine di infeltrirlo, cioè di renderlo più forte e praticamente impermeabile. Tale tecnica esiste fin dall'epoca romana dove si utilizzavano a volte i piedi per battere i tessuti mediante una tecnica detta "saltus fullonicus".

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Gioco tre

Approfondimenti

Erano diversificate le sequenze dei lavori da mettere in atto per avere una vera e propria veste, ad esempio in canapa. Innanzitutto era necessario coltivare la pianta, con la semina generalmente da marzo ad aprile e il raccolto in autunno. La canapa veniva poi tessuta mediante telai e successivamente, come abbiamo visto, battuta e colorata. A questo punto si procedeva con il taglio del panno, a seconda delle forme e dimensioni desiderate, e alla sua cucitura.

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Gioco quattro

Approfondimenti

A Pievebovigliana alla fine dell'Ottocento erano attive otto fornaci, che producevano oltre duecentomila mattoni all'anno, occupando circa 25 operai. La terra veniva estratta in autunno, ammassata in un grande covo, poi, passato l'inverno in cui la creta era stata sottoposta alle lunghe gelate, veniva messa al sole in modo da farla sgretolare. Divenuta sottile, veniva messa in una grande vasca e, bagnata con acqua, veniva calpestata a piedi nudi e girata con le pale. Infine, veniva tolta l'acqua e l'impasto era pronto per realizzare mattoni, coppi, pianelle e quant'altro era necessario.

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  • contenuti extra

Le Gualchiere e l'amaro dei Sibillini

Pievebovigliana è stato fin dai tempi più remoti un importante centro di snodo viario tra l'Italia meridionale e l'Italia centro-settentrionale. Fin dal medioevo si sono sviluppate importanti attività manifatturiere legate allo sfruttamento dell'acqua come fonte energetica, in particolare per il funzionamento delle gualchiere che, con i loro magli, battevano sui panni di lana con lo scopo di renderli più compatti. Ciò costituiva l'ultima fase del processo produttivo dei panni e la peculiarità di Pievebovigliana è quella che possedeva, al suo interno, anche una tintoria. L'amaro dei Sibillini si produce dal lontano 1868. La sua etichetta è una vera e propria opera artistica del pittore Adolfo de Carolis. L'abile erborista Girolamo Varnelli utilizzò erbe e radici dei boschi dei Monti Sibillini e preparò un decotto su forno a legna, con caldaie di rame battuto a mano. A quel decotto aggiunse del miele trovato sugli stessi monti e, infine, dell'alcol decantato a lungo tempo. Ancora oggi, il Sibilla si prepara con questi elementi naturali nei laboratori di Pievebovigliana, con una filtratura "a tela" che permette di conservare al meglio tutte le sue proprietà organolettiche.

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